Questo articolo è stato ispirato da un interessante studio condotto da Sarah Schoppe-Sullivan, docente di scienze umane e psicologia della Ohio State University, la quale ha pilotato un’indagine sperimentale per rispondere ad un interrogativo molto attuale: “Perché molte neomamme postano continuamente foto dei propri figli su Facebook?”
A pubblicare foto dei propri figli sui social sono in larga misura le madri ed in bassissima percentuale i padri. Potremmo leggere tale dato come spia di una cultura che differenzia i ruoli che spettano ai generi, la quale ancora una volta mostra le sue propaggini gravando sui comportamenti messi in atto dalle donne. Proviamo a spiegarci meglio.
Lo studio ha messo in luce che le neo-mamme mostrano, attraverso i social network, la propria capacità di mettere in atto comportamenti che si allineino e confermino quella identità materna figlia di un’elevata aspettativa sociale.
Lo studio ha inoltre evidenziato che ad essere maggiormente attive sui social network e, ad avere una più elevate reazione emotiva ai commenti e like ricevuti, siano le neomamme più sensibili a ricevere giudizi positivi e convalidanti provenienti dal mondo esterno, rispetto al loro ruolo genitoriale, e al contempo, legittimamente convinte che la società ponga loro standard troppo elevati per poter essere considerate delle “buone madri”.
Nonostante ci sia una parte di società che vuole le donne libere dagli stereotipi di genere, che pretende che si approprino dell’uguaglianza di opportunità e aspettative che spetta loro, esiste un’altra parte di società che trae vantaggi dal mantenimento di tali cliché; dunque si prodiga affinchè il femminile mantenga il proprio indissolubile e prioritario legame con il concetto di dedizione e procreazione.
Gli standard sociali elevati sono figli di una cultura di genere che ancora una volta considera le donne i soggetti deputati alla cura della prole, e spinge loro a sopportare il peso della pressione sociale alla quale sono sottoposte. Il genere altro non è che un costrutto relazionale che organizza i comportamenti delle persone, come l’ornamento del corpo e le interazioni con altri attori sociali (Zimmerman, 1987). Il ruolo materno è altamente idealizzato e standardizzato, vigono, infatti, aspettative molto restrittive rispetto a cosa le madri debbano fare, sentire e pensare; passando dall’investire la totalità del loro tempo nell’interazione con i loro figli, all’onnipresenza nel loro sviluppo sociale ed educativo. La delega ad altre figure professionali è considerata dalla società una spia dell’incuria e della negligenza con la quale le madri provvedono alla crescita dei propri figli. La buona madre dovrebbe dunque essere bambino-centrata, assorbita emotivamente ed intensamente impegnata nelle attività di crescita. Molte madri credono nell’impossibilità di rispondere a queste aspettative sociali e si servono dunque di Facebook sia per un supporto alle loro attività materne, ottenuto tramite la condivisione, sia per mostrare al mondo che ricoprono in maniera soddisfacente il proprio ruolo materno.
Diventare madri innalza la pressione sociale e richiede di rispettare le aspettative di genere in modo appropriato, la genitorialità è un nucleo fondamentale di tali attese. Le donne dal momento del concepimento sono indotte ad abbandonare la propria identità e sono persuase ad identificarsi unicamente con il nuovo ruolo di madre. Tale ruolo sarà destinato a totalizzare ed investire ogni aspetto della loro vita, tanto da indurle a legittimare la cura di sé, dei propri interessi e della propria carriera, tramite la messa in mostra delle proprie capacità materne sui social network.
I social media offrono uno spazio dove le donne possano praticare il proprio ruolo di genere e rafforzare la propria identità femminile, divenendo strumenti al servizio di una pretesa culturale, mostrando la cura, l’orgoglio ed il nutrimento riservato ai figli. In altre parole la maternità include attualmente la coltivazione di una presenza on line coerente con le norme di genere.
Sara Sullivan ha individuato una co-occorrenza tra le donne che manifestano una reazione emotiva più coinvolgente ai like e commenti dei propri contatti in risposta ai post, e una più elevata possibilità di presentare alcuni sintomi depressivi quali, riduzione dell’appetito, difficoltà a scrollarsi di dosso un pervasivo senso di tristezza, disturbi legati al sonno.
Tale tendenza potrebbe non solo essere spia di un indice depressivo, ma potrebbe direttamente esserne causa, in quanto, ritrarre e condividere immagini estremamente ed esclusivamente positive della maternità, presentandola, dunque, in maniera poco realistica, potrebbe risultare un’attitudine assai dannosa. L’esigenza di ottemperare a quelle aspettative tramandate di gioia, estrema felicità e naturale serenità finirebbero per indurre uno stato d’ansia nelle utenti, costrette a non esternare alcuna problematicità né oscurità proprie di un percorso tanto bello quanto impervio.
Lo studio citato e la digressione che ne è risultata sono un segnale in grado di indurre una maggiore consapevolezza delle proprie azioni. E’ necessario un cambiamento culturale che preveda la definitiva uguaglianza sociale tra uomini e donne, una consapevolezza che permetta alle donne, nel ruolo di madri, di non lasciarsi sopraffare dalle aspettative, che gravano unicamente sulle loro spalle.