Dipendenze, Psicologia Clinica

Tabagismo: smetto quando voglio!

Il fumo uccide

Il tabagismo rappresenta il più grande problema di sanità pubblica a livello mondiale. L’OMS identifica la dipendenza da fumo di sigaretta come la seconda causa di morte al mondo e la prima causa di morte evitabile. Si contano 6 milioni di morti all’anno a causa del fumo di sigaretta, 600.000 dei quali provocati da quello passivo. I dati indicano che il fumo uccide una persona ogni 6 secondi, per questo può essere considerata come la più pericolosa epidemia mai esistita a livello globale.

Le multinazionali del tabacco gestiscono un capitale economico talmente vasto da essere in grado di influenzare la politica di intere nazioni. Nel nostro paese la questione legata al tabacco rappresenta una vera e propria ipocrisia di Stato, uno dei più evidenti conflitti di interesse nello Stato italiano che guadagna dalle imposte sul tabacco il 74% del costo del pacchetto, oltre alla percentuale destinata al produttore (16%) nel caso in cui la sigaretta venduta sia prodotta dal Monopolio di Stato. Prevenire, dunque, significherebbe non guadagnare!

Il fumatore è un dipendente patologico

Con il termine “tabagismo” si intende un’abitudine al fumo, una vera e propria dipendenza comportamentale. Per quanto riguarda i disturbi correlati a sostanze e disturbi da addiction un cambiamento fondamentale apportato dal DSM-5 riguarda il non separare le diagnosi di abuso e dipendenza da sostanze. E’ stato, inoltre, eliminato il criterio relativo alle problematiche legali, al fine di rendere tangibile l’evidenza che la reale problematica sia il comportamento dipendente e non l’oggetto (sostanza) dal quale si dipende. Nello specifico il disturbo da uso di tabacco è un pattern comportamentale che comporta una compromissione clinicamente significativa, come dimostrato dal soddisfacimento di almeno due dei criteri riportati dal DSM-5, che si verificano entro un periodo di 12 mesi.

Perché non riesco a smettere?

Una volta innescatasi, la dipendenza lascia spazio ad altre dinamiche psichiche perché il fumatore decida di persistere nel suo comportamento rischioso. Innanzitutto la dipendenza è da intendersi come una relazione asimmetrica tra il soggetto dipendente e la sostanza da cui dipende, per cui il comportamento è di difficile cessazione. Il fumatore, inoltre, coltiva un’insana convinzione secondo cui la sigaretta risulta indispensabile per la propria vita, pur privandolo di essa. Gli alibi che illudono il fumatore nel persistere nel suo lento suicidio sono: affrontare lo stress, abbattere la noia, combattere la solitudine, ridurre il senso di fame. La sigaretta lo aiuta ad affrontare la vita, e così si compie il paradosso: “la sigaretta mi aiuta a sopravvivere uccidendomi!”.  Secondo la psicologia clinica, la dipendenza cela l’incapacità dell’individuo di prendersi cura della propria persona, a causa di un ridotto livello di autostima; l’oggetto-droga (qualunque esso sia), avrebbe la funzione di compensare strutture psichiche deficitarie e di incrementare un vissuto positivo rispetto al proprio sé. L’uso di oggetti dai quali dipendere permettono, secondo Khantzian, di automedicare un trauma, attraverso la reiterazione compulsiva della relazione con la sostanza. Nei soggetti dipendenti, dunque, la continua ricerca di piacere è definibile come tentativo di risoluzione degli stati traumatici inconsci. L’uso di sostanze o di comportamenti compulsivi si connota come un tentativo di esercitare un controllo sulla sofferenza.

Eziologia del fumatore

La dipendenza da fumo di sigaretta, nella maggior parte dei casi, si insinua nella vita delle persone durante l’adolescenza. Le dinamiche psico-sociali che determinano tale evento fanno riferimento alla transizione tra l’epoca infantile e l’età adulta. Tale passaggio è lungo e difficoltoso, divenire fumatori rappresenta una sorta di scorciatoia per “sentirsi grandi”; il fumo assume, dunque, la funzione di strumento attraverso cui diventare anticipatamente adulto. Si sceglie il fumo per accelerare tale transizione perché il fumare, pur rappresentando un comportamento biasimato e rischioso per la salute, è comunque un’azione accettata nel mondo degli adulti. Il binomio perfetto tra proibito e concesso. È stato dimostrato che i non fumatori, posseggono life skills più strutturate e funzionali, sono in grado di assumersi le responsabilità delle proprie decisioni, sono più abili nel problem solving, riescono ad esprimere le proprie emozioni, sono più assertivi, ecc.

Smetto quando voglio!

Il fumatore che decide di smettere di fumare e si rivolge ad un centro specializzato o intraprende un percorso terapeutico ad hoc attraverserà una fase di valutazione psicologica che comprende:

  • L’analisi delle motivazioni a smettere
  • La verifica dell’importanza della dipendenza nicotinica
  • L’indagine su precedenti o attuali comorbilità nell’area delle dipendenze da sostanze stupefacenti, alcolismo, disturbi del comportamento alimentare, disturbi psichiatrici (ansia e depressione in particolare)
  • La verifica delle risorse di self-efficacy ed autostima
  • La collocazione nell’ambito delle fasi del percorso di cambiamento
  • L’eventuale approfondimento tramite somministrazione di altri test

La persona che intraprende un percorso verso la disassuefazione deve essere estremamente motivata. Esiste uno strumento di analisi della motivazione al cambiamento, il modello transteoretico di Prochaska e DiClemente. Secondo questa teoria, una persona che fuma passa attraverso diverse fasi:

  • Fase di pre-contemplazione: non ha alcun interesse a smettere di fumare
  • Fase di contemplazione: pensa alla possibilità di poterlo fare
  • Fase della preparazione: in cui comincia a pensare strategie e tempi per smettere.
  • Fase dell’azione: considera poi di mettere in atto un tentativo coerente di smettere, limitato nel tempo, e finalizzato a raggiungere l’obiettivo.
  • Fase di mantenimento: in cui cerca di mantenere lo stato di astinenza

La maggior parte dei pazienti compie numerosi tentativi di smettere di fumare prima di riuscire nell’intento; dunque, la ricaduta è da considerare una componente normale del processo di disassuefazione.

La psicoterapia ha la funzione di modificare l’atteggiamento del fumatore, il suo pensiero e le sue credenze rispetto alla dipendenza, ciò permette di condurre alla mentalizzazione del problema, che comporta una comprensione delle dinamiche che caratterizzano il tabagismo e degli effetti pericolosi che può avere sulla salute.

APPROFONDIMENTI

  • Abuso: comportamento che consiste nel ricorso eccessivo e regolare ad una sostanza tossica o ad un comportamento legale, nel caso specifico la sigaretta, che influenza negativamente le relazioni sociali
  • Dipendenza da sostanze: comportamento nel quale il proprio stile di vita viene organizzato esclusivamente intorno ad una droga o ad un comportamento legale, nel caso specifico la sigaretta, verso i quali si può sviluppare una tolleranza, detta anche assuefazione
  • Tolleranza: adattamento del cervello e del fisico all’uso regolare di determinate droghe o comportamenti legali compulsivi, nel caso specifico la sigaretta, in modo che sono necessarie dosi sempre maggiori per soddisfare le proprie esigenze ed ottenere lo stesso effetto di gratificazione
  • Astinenza: reazioni spiacevoli e talora pericolose che possono verificarsi quando l’utilizzo cronico di una sostanza o di un comportamento legali compulsivo, nel caso specifico la sigaretta, viene interrotto o ne viene ridotta l’assunzione/emissione

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