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Comunicazione non verbale: cosa vogliamo dire veramente?

Quando si parla di comunicazione è facile che si pensi in maniera repentina a tutto ciò che riguarda le espressioni verbali, a partire dal linguaggio e dalla sua struttura ordinata e lessicale, tralasciando in realtà una parte consistente e più complessa nel contatto con l’altro, la comunicazione non verbale. Quest’ultima, a differenza di quella verbale, non rispetta regole grammaticali, non veicola un messaggio chiaro, è poco controllabile in quanto espressione di emozioni e stati d’animo e, per questo, produttrice di risposte immediate e viscerali. I due tipi di comunicazione si presentano spesso in contemporanea, ma se da un lato quella verbale si presenta all’interlocutore per ciò che realmente è, di contro quella non verbale può avere differenti funzioni, ovvero: enfatizzare i concetti espressi, contraddire il comunicato verbale, o sostituirlo completamente.

Come si presenta la comunicazione non verbale?

Si esprime attraverso tre modalità:

  • Paralinguistica, racchiude tutti gli elementi che si accompagnano al linguaggio e lo completano, il tono di voce (acuto o grave), la velocità (presenza di pause o silenzi), l’utilizzo di interlocuzioni (balbettii o rotture di voce).
  • Cinesica, fa riferimento ai movimenti del corpo, i gesti e soprattutto la mimica facciale. Fornisce indizi preziosi rispetto alle emozioni sperimentate dal parlante e sull’attenzione ed il gradimento dell’interlocutore.
  • Prossemica, si riferisce al comportamento spaziale, ovvero la distanza fisica dall’interlocutore.

È uguale per tutti?

Le tre modalità di cui abbiamo parlato sono presenti in tutti gli individui e possono variare di espressione in base a differenze individuali e culturali. Tali differenze si riscontrano sia nell’interpretazione che nella messa in atto delle stesse, in base al contesto culturale di appartenenza. La paralinguistica si riscontra per lo più a livello individuale, è ciò che ci distingue dagli altri e che ci identifica, poichè ognuno di noi ha tono di voce ed intercalari propri che caratterizzano e personalizzano il nostro modo di esprimerci, differenziandoci così dagli altri. La cinesica è determinata dalla cultura di appartenenza e perciò legata a gesti simbolici specifici di quella cultura. La prossemica è maggiormente influenzata dalle abitudini culturali, ad esempio i popoli mediterranei e sudamericani sono a proprio agio a distanze più ravvicinate rispetto ai popoli nordici o asiatici che preferiscono una maggiore distanza dagli interlocutori. Tale differenziazione è stata categorizzata dallo studioso americano Edward Hall, che ha individuato 4 tipologie di distanza:

  • Distanza intima (0-45cm), tipica delle relazioni intime e familiari
  • Distanza personale (45-120cm), è una distanza ravvicinata ma non eccessivamente, in cui è possibile interagire ad esempio prendendosi la mano
  • Distanza sociale (120-360 cm), è tipica delle situazioni lavorative o scolastiche, spesso è dovuta ai ruoli o a barriere fisiche come scrivanie o tavoli
  • Distanza pubblica (oltre 360 cm), non si ha modo di osservare precisamente il volto dell’altro, tipica in ambiti quali teatri, concerti, tribunali

Esempi di differenze culturali ed errori da evitare quando si è in viaggio

Lo sguardo; può essere utilizzato per esprimere dominanza, potere o aggressione, ma allo stesso tempo può esprimere interesse, cura, attenzione verso l’altra persona e quindi risultare gradito. Qualora lo sguardo sia prolungato invece può suscitare imbarazzo, fastidio o spavento, soprattutto quando una persona a noi estranea ci fissa insistentemente. Questo è vero per buona parte delle culture, non appartiene invece alla cultura araba e a quella russa in cui si è soliti guardare e fissare a lungo una persona soprattutto quando non la si conosce, atteggiamento che potrebbe risultare strano agli occidentali.

La distanza; abbiamo già detto che ci sono differenze rispetto alla distanza di comunicazione tra paesi occidentali ed orientali, questa sorta di bolla che ci circonda oltre a variare può anche trasformarsi in un vero e proprio divieto, in alcuni paesi infatti non è permesso toccarsi. In Cina e Giappone ad esempio è particolarmente evitato il contatto in contesti formali.

I gesti: c’è uno specifico gesto che facciamo con la mano per esprimere “ok” che in altre culture ha un significato totalmente diverso, in Messico e Brasile ha accezione negativa e corrisponde a mandare a quel paese l’altra persona. Mentre il gesto della “V” che utilizziamo per esprimere vittoria qualora presenti il dorso della mano verso l’interlocutore potrebbe risultare segno di spregio per gli anglosassoni, il motivo risale al periodo in cui i soldati francesi mozzavano le due dita agli arcieri inglesi in modo che non potessero tirare più frecce. Il pollice in su che nella nostra cultura, così come in quella russa, in Gran Bretagna ed in altri stati indica approvazione o la ricerca di un passaggio in auto, in altri paesi invece, come ad esempio l’Iran, equivale al nostro dito medio alzato. Il gesto delle corna in Italia, Spagna e Sudamerica è simbolo di infedeltà, nelle Filippine cambia totalmente la sua accezione e simboleggia la frase “ti amo”. Infine il tipico gesto italiano che consiste nell’unire le dita oscillando la mano come a dire “cosa vuoi?”, in Spagna e in America ha il significato di “mangiamo?”, mentre in Egitto viene addirittura utilizzato per far capire all’altra persona “mi serve soltanto un minuto”.

E voi avete mai fatto caso alle caratteristiche della comunicazione non verbale nel rapporto con gli altri? Avete mai riscontrato problemi nella comunicazione a contatto con altre culture? Conoscete altre differenze non citate nell’articolo? Fatecelo sapere commentandolo!!!

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