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Le sindromi da viaggio: esperienze orientali

Recentemente ci siamo occupati delle manifestazioni psicologiche che possono verificarsi nel momento in cui si visitano nuove città, e si entra in contatto con luoghi e culture diverse dalla propria, ponendo particolare attenzione ai paesi del versante occidentale. Anche la sfera orientale del mondo non è scevra dall’associazione tra visita della città e sintomi psicosomatici, di seguito riportiamo le sindromi da viaggio orientali maggiormente riscontrate.

Sindrome di Gerusalemme

Chi visita questa città può diventarne ossessionato e riportare sintomi ansiosi. A differenza delle altre sindromi le allucinazioni, in questo caso, riguardano l’ambito religioso e si hanno visioni mistiche date dalla suggestione spirituale che si respira in Terra Santa. Il viaggiatore può iniziare ad indossare tuniche, cantare inni, declamare versi della Bibbia, e addirittura proclamare sermoni in pubblico. Ogni anno il numero di persone ricoverate si aggira intorno ai 40 turisti, le reazioni spesso portano il soggetto ad essere completamente fuori di sé tanto da necessitare un ricovero. Nel 1969 un turista australiano, vittima della sindrome, tentò di dar fuoco alla moschea di Al-Aqsa, zona sacra e contesa da islamici ed ebrei. Questa sindrome è stata descritta per la prima volta nel 1930 dallo psichiatra Heinz Herman, ma già dal Medioevo si tramandano racconti di questo tipo in seguito a visite nella città di Gerusalemme. I soggetti che incappano in questa sindrome possono appartenere a differenti categorie: persone che hanno manifestato disturbi psichiatrici già precedentemente al viaggio, persone ossessionate dalla religione e dalla Terra Santa, e persone che, invece, mostrano per la prima volta stranezze e sofferenza psichica solo dopo l’arrivo in queste zone. L’incidenza del fenomeno è maggiore rispetto alle altre sindromi da viaggio, il Kfar Shaul Mental Centre di Gerusalemme dal 1980 ad oggi si è occupato di circa 6000 soggetti con quadri riferibili a questa sindrome. Spesso si affronta con un ricovero dai 7 ai 10 giorni, ma il trattamento definitivo è il medesimo della sindrome di Parigi, il rientro a casa.

Sindrome dell’India

Ogni anno, migliaia di persone visitano l’India con l’intento di meditare, praticare yoga e/o compiere un viaggio catartico, un itinerario alla cosiddetta ricerca di sé stessi nella terra spirituale per eccellenza. Nonostante i buoni propositi anche in questo caso è possibile imbattersi in una sindrome legata al paese, che può manifestarsi in vari modi. I turisti che visitano l’India possono presentare un’ossessione per la pratica della meditazione trascorrendo intere giornate a ripetere esercizi yoga, arrivando a tralasciare tutto ciò che attiene alla vita quotidiana fino a mostrare segni di malnutrizione e deperimento fisico in pochissime settimane. Un’ulteriore manifestazione di questa sindrome è determinata dalla delusione sperimentata nella caotica e confusionaria realtà indiana, in aperto contrasto con la rappresentazione idealizzata conosciuta in Occidente sulla serenità e le pratiche zen legate a questa cultura (esperienza simile alla disillusione provata dai giapponesi affetti dalla sindrome di Parigi). Delle migliaia di turisti occidentali che visitano l’India in cerca di un’illuminazione spirituale, alcuni non tornano mai a casa. Si ritiene che l’esordio della sindrome sia dovuto non solo alle pratiche spirituali ma anche al forte impatto culturale, all’isolamento emotivo e all’utilizzo spesso frequente di infusi e droghe illecite che portano il turista a perdere il controllo. Nel 2000 lo psichiatra francese Régis Airault scrisse un libro sul fenomeno “Fous de l’Inde” (letteralmente “pazzo dell’ India”), in cui narra le sue esperienze come psichiatra in India, dove ha avuto a che fare con decine di turisti occidentali i cui viaggi spirituali avevano avuto risvolti inaspettati. Airault spiega come gli occidentali siano particolarmente inclini a considerare il viaggio la ricerca di un proprio spazio in cui riscoprire valori reali e puri, come in cerca di un tempo perduto. La maggior parte dei soggetti sostiene di aver raggiunto una coscienza superiore in grado, ad esempio, di prevedere l’apocalisse. In questo caso nonostante la maggioranza dei viaggiatori si riprenda con il solo ritorno a casa, così come avviene per la sindrome di Parigi e di Gerusalemme, alcuni possono sviluppare in seguito una sintomatologia depressiva cronica.

Sindrome di Tokyo

La visita della città di Tokyo può suscitare nei turisti una sindrome simile a quella di New York. In questo caso i viaggiatori si trovano a fare i conti con una forte stanchezza, con lievi convulsioni, frequenti vertigini e possibili allucinazioni. La causa scatenante in questo caso sembra essere il dover camminare tra milioni di persone, tipicamente riverse tra le strade della città, ed al cospetto della moltitudine di display al neon che caratterizzano la capitale mondiale dello sviluppo tecnologico. Anche in questo caso hanno più probabilità di incorrere nella sindrome i turisti provenienti da aree geografiche meno caotiche che subiscono una sorta di smarrimento a causa del gap geografico e culturale e non esistono evidenze empiriche che permettano una classificazione della sindrome all’interno dei manuali diagnostici.

Le sindromi prese in considerazione, sia per il versante occidentale che quello orientale del mondo, non sono riferibili a vere e proprie patologie cliniche. Sono considerate tali poiché associate ad una serie di sintomi e manifestazioni che producono nel soggetto sofferenza fisica o psichica, per lo più transitoria, e sono legate ad una specifica area geografica visitata.

Anche in questo caso condividi con noi la tua opinione sull’argomento commentando con eventuali esperienze vissute o assistite nel corso dei tuoi viaggi!

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