È violenza anche quella che non lascia segni visibili sul corpo, esistono modi di perpetrarla meno evidenti ma altrettanto logoranti, e ugualmente perseguibili dalla legge!
Una modalità, estremamente equivoca e celata, attraverso cui è possibile agire coercizione è il “Gaslighting”, ascrivibile alla violenza psicologica.
Il termine Gaslighting nasce dal titolo di un film del ’38, “Gas light”, tratta di un marito adultero che attraverso equivoche manipolazioni dell’ambiente domestico (in particolare dell’intensità delle luci a gas, da cui deriva il titolo del film) porta la propria moglie sull’orlo della follia, convincendola che la luce sia sempre la stessa e lasciando, senza empatia né sensi di colpa, che quest’ultima sperimenti una profonda obnubilazione mentale.
Il gaslighting è un comportamento manipolatorio, messo in atto da un persecutore, al fine di far dubitare la vittima del proprio giudizio di realtà, distruggendone autostima e fiducia in se stessa, convincendo la stessa di non essere mentalmente stabile e portandola, così, sull’orlo della pazzia. Tale forma di violenza viene agita in maniera sottile e subdola, a piccole dosi, quotidianamente, si compie come un vero e proprio lavaggio del cervello, è volta ad annullare la persona che ne è bersaglio. Concretamente l’abusante denigra le convinzioni della vittima, ne ridicolizza le aspirazioni, ne demolisce i principi, la svaluta, privatamente o pubblicamente, altera la realtà e l’ambiente circostante (ad esempio sposta i mobili dalla posizione originaria, o nasconde oggetti o effetti personali, per confondere la vittima e far sì che dubiti delle proprie facoltà mentali).
Il Gaslighting si compie prevalentemente all’interno dei rapporti di coppia, come esplicita forma della violenza di genere, quando l’uomo non accetta l’emancipazione femminile e considera la donna un essere da soggiogare e manipolare. Il persecutore è attratto, dunque, da donne indipendenti e realizzate, al fine di poter dimostrare a se stesso di essere in grado di controllare e manovrare la partner per sottometterla psicologicamente. L’uomo agisce in maniera lucida, consapevole e pianificata; attraverso l’inganno e la persecuzione mira a sottomettere la compagna per privarla della propria autonomia e spingerla ad aver bisogno costante di lui, fino ad idealizzarlo e a sostituire in maniera incondizionata il proprio punto di vista con quello dell’altro. Il manipolatore, cinico e perverso, priva con abilità la propria vittima dei segnali d’affetto, di comprensione, empatia, le toglie la parola, e sostituisce il tutto con svalutazioni, inganni, distorsioni della realtà ed insostenibili silenzi, creando una vera e propria forma di astinenza nella compagna, rendendola asservita e dipendente. Il Gaslighting si compie generalmente in tre fasi:
- Incredulità/Distorsione della comunicazione: la prima fase nella quale la vittima riesce ancora a mettere in dubbio la realtà distorta presentata dal Gaslighter, riuscendo a contrastarlo quando quest’ultimo cerca di manipolare la realtà oggettiva. A questo punto il manipolatore si serve di una comunicazione volta alla sopraffazione, servendosi di scontri verbali estenuanti o silenzi inaccessibili, portando la vittima ad uno stato di incredulità, ottundimento e incomprensione estremo, fino a farla dubitare delle proprie facoltà mentali.
- Difesa: in questa fase la vittima, confusa ed incredula, prova con tutte le sue forza ad opporsi agli attacchi verbali del manipolatore, sia in privato che in presenza di altre persone, fino a quando non sopraggiunge la stanchezza. In questo momento chi subisce le vessazioni è disposto a tutto pur di evitare questa catastrofe emotiva, cedendo alle pressioni del proprio carnefice, assecondandolo e giustificandolo.
- Depressione: in questa fase la vittima sperimenta scoramento, anedonia, angoscia, attacchi di panico, malattie psicosomatiche, estrema colpevolizzazione ed ansia anticipatoria quando sa di dover incontrare il partner. Ci si sente irrimediabilmente sbagliati, si giustifica il comportamento del manipolatore, sperimentando una profonda insicurezza, una perdita dell’autostima e divenendo psicologicamente e fisicamente dipendente dal proprio compagno/carnefice. La vittima ritiene di non meritare amicizia o amore, si isola totalmente, assume il punto di vista del manipolatore per non perdere la sua vicinanza.
Questo fenomeno è un vero e proprio abuso psicologico perseguibile penalmente, tutti gli atti volti a prevaricare, ostacolare, svalutare o demolire l’altro sono atti di violenza; l’amore, vi assicuro, è un’altra cosa!
Vi rimandiamo ad un questionario di autovalutazione on-line totalmente anonimo per comprendere se nella relazione con il partner o ex partner ci sono segnali di rischio di violenza http://www.sara-cesvis.org/index.php?option=com_content&task=section&id=22&Itemid=145
in un rapporto di amicizia frasi come “se sei davvero mia amica come dici, fai così”, “se mi vuoi bene, fai così/torna la persona che mi piace tanto”, “mi stai deludendo,pensavo mi volessi più bene di così”, “io non ho mai detto di esser perfetta, però”, “pensa come vuoi, visto che non mi credi” e dopo che tu rispondi “posso anche crederti ma vedo i fatti, che non sono molto diversi da come ho scritto”, sentir dire “non meriti altre risposte”… e simili come possono essere considerati?
Cara lettrice, tutti i legami relazionali devono fondarsi sulla libertà di comunicazione ed espressione di entrambe le parti per essere definiti autentici, in un rapporto di amicizia le frasi riportate non dovrebbero trovare espressione in quanto simbolo di una manipolazione emotiva che si fonda sulla pressione psicologica atta a piegare al proprio volere ed al proprio modo di pensare l’altra persona. Inoltre alcune frasi indicate dimostrano un’aggressività passiva che cerca di far leva sulle debolezze dell altro per trovare il proprio soddisfacimento, a dispetto del confronto e della condivisione che rendono unico il legame di amicizia, in cui si accettano i difetti e si valorizzano i pregi senza alcuna richiesta di cambiamento o giudizio