Nella seguente trattazione ci occuperemo di un argomento largamente discusso nelle conversazioni, social e non, dei nostri giorni: l’intelligenza. Vi sarà capitato diverse volte di leggere/ascoltare frasi del tipo: “lasciamo perdere, non puoi capire”, “cosa ne puoi sapere tu”, “con te non si può ragionare”; tutte indicative di un giudizio di intelligenza associato alla persona a cui ci si riferisce. Oggi scopriremo insieme cosa si intende per intelligenza e quando possiamo identificare un individuo come intelligente.
Inizialmente era definita intelligenza l’abilità intellettiva misurabile attraverso test di logica. Tale definizione si è evoluta nel tempo fino ad arrivare ai giorni nostri all’intelligenza “modulare”, così definita per il riconoscimento della presenza di specifici “moduli” nel cervello, intesi come aree di funzionamento relativamente indipendenti le une dalle altre, e riferibili non solo alle capacità cognitive del soggetto bensì ad aree più vaste e specifiche di abilità.
Data la sua complessità, è stato difficile individuare un modo per misurare il livello di intelligenza dell’individuo; Binet nel 1905 provò a farne una prima misurazione creando un test di intelligenza utilizzato nelle scuole per individuare i bambini che necessitavano di sostegno. La valutazione si fondava sull’affrontare con successo prove definite superabili da soggetti della stessa età cronologica dei bambini presi in esame, costituendo così una sorta di scala di riferimento a cui affidarsi. In seguito lo studioso americano Stern fondò il concetto di Quoziente Intellettivo (Q.I.), ovvero il rapporto tra età cronologica ed età mentale del soggetto, da cui fu sviluppato il test di intelligenza maggiormente conosciuto a livello popolare, la misurazione del Q.I. . Ne va da sé che test così strutturati tengano in considerazione solo compiti specifici ed abilità logiche ben lontane dalle richieste e dai problemi che il soggetto può affrontare nella vita quotidiana.
Può quindi essere considerato intelligente solo chi ha un possesso di conoscenze ed abilità preformate dall’istruzione, e quindi un buon successo scolastico? La risposta è no!
La visione dell’intelligenza è oggi cambiata e tiene conto di componenti non solo logiche e cognitive ma anche emotive e creative, distribuite su all’incirca 120 diverse abilità, tutte dello stesso valore ma indipendenti, per cui ognuna adatta a svolgere un compito specifico. Lo studioso che maggiormente si è dedicato a questa nuova teoria è Guilford, il quale ritiene che il funzionamento intellettivo consista in una serie di operazioni compiute su contenuti di varia natura che danno luogo a specifici prodotti. Si estende così il concetto di intelligenza ad una molteplicità indefinibile di operazioni, non è più la persona che sa più cose ad essere la più intelligente, bensì la persona che non solo possiede conoscenze ma, riesce anche a modularle in maniera ottimale producendo risposte adeguate alle diverse situazioni della vita che si trova ad affrontare.
Nasce così una ulteriore distinzione, quella tra pensiero convergente e pensiero divergente. L’intelligenza che siamo abituati a riconoscere è quella convergente, ovvero il ragionamento logico e razionale che prevede un procedimento sequenziale e deduttivo, vengono applicate le regole apprese e analizzati metodicamente i dati a disposizione. Questo tipo di pensiero si adatta a problemi che prevedono un’unica soluzione giusta, è quindi quello spesso valorizzato negli ambienti scolastici in cui si valutano gli studenti sulla base di prove definite a cui corrispondono soluzioni definite. Il pensiero divergente invece è quello creativo, originale ed alternativo, è possibile svilupparlo in situazioni che ammettono più soluzioni, come quelle sociali. Si fonda sulla sintesi delle conoscenze possedute e sulla ricerca di strategie flessibili ed originali, è possibile misurarlo attraverso tre indici:
- Fluidità, abbondanza delle idee prodotte
- Flessibilità, capacità di cambiare strategia ed elasticità nel passare da un compito ad un altro
- Originalità, capacità di formulare soluzioni uniche e personali che si discostino dalla maggioranza
Questo nuovo concetto di intelligenza richiede un buon mix di entrambi i tipi di pensiero, che possono essere sviluppati ed accresciuti nel tempo laddove all’eredità di un patrimonio genetico intellettivo funzionale ne succeda una buona stimolazione da parte dell’ambiente in cui si cresce. Un ambiente privo di stimoli può inibire lo sviluppo dell’uno o dell’altro tipo di pensiero, per questo può risultare utile nelle scuole prevedere momenti di apertura, creatività e ampliamento ad attività al di fuori del programma curriculare stabilito a livello ministeriale. La conseguenza di uno squilibrio tra le parti è evidente nelle classiche discussioni in cui la persona maggiormente scolarizzata accusa l’altra di essere poco intelligente perché non ha conoscenza e non utilizza la logica e, a parti inverse, quella meno scolarizzata accusa l’altra di non sapersela cavare in situazioni impreviste e pratiche della vita quotidiana.
Come si suol dire la verità sta nel mezzo, ognuno di noi è maggiormente predisposto per alcune abilità piuttosto che per altre, per cui non preoccupiamoci di essere gli uni più intelligenti degli altri, bensì sfruttiamo intelligentemente al massimo le nostre abilità!
Bellissimo articolo
Cara lettrice ti ringraziamo per averci scritto, continua a seguirci!