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“Una formalità … una questione di femminilità”

Storicamente la donna è stata ingabbiata in dimensioni categoriche frutto dell’esigenza maschile di giustificare la sua esistenza, il suo potere, la sua alterità.

La donna costola, prolungamento del corpo maschile e dono che le divinità hanno generosamente concesso all’uomo.

La donna strega, tra le pagine più buie, lunghe e cruente della storia dell’umanità (1257-1816), un vero e proprio genocidio sessista, una lampante dimostrazione del potere esercitato dall’uomo sulla donna, come se fosse di sua proprietà. Cinque secoli di persecuzione benedetti da oltre 70 papi; milioni di donne brutalmente torturate, uccise e private di ogni bene. Per via della natura procreatrice, le si attribuiva la capacità di strappare la vita, di privare la terra della propria fertilità e, di sottrarre agli uomini la loro virilità.

La donna angelo degli stilnovisti, dove la figura femminile assume una connotazione divina, spirituale, la più elevata forma etica. La donna è un veicolo che traghetta l’uomo verso il divino, un mezzo che accorcia le distanze da Dio. Anche qui, da un lato, è manifesta una visione strumentale del femminile, dall’altro, la donna è nuovamente spogliata da tutte le caratteristiche terrene, è deumanizzata, considerata incapace di cedere ai vizi umani.

La donna isterica; isteria deriva da “histeron”, “utero”, letteralmente “malattia dell’utero”. Il medioevo attribuiva l’isteria a streghe e pazze destinate al rogo. Nel 1800 la medicina scientifica ha introdotto una serie di terapie per far fronte all’isteria, il massaggio genitale per giungere al parossismo isterico (orgasmo), l’invenzione del vibratore, nato come strumento curativo e non di piacere, fino a giungere ad isterectomie e clitoridectomie. Una connotazione psichica all’isteria fu attribuita dalla psicoanalisi, nevrosi isterica specchio di un conflitto legato alla sessualità che si esprimeva attraverso diversi sintomi: svenimenti, irritabilità, paralisi transitorie, eccessiva lubrificazione vaginale, frequenti fantasie erotiche. Si giunse alla patologizzazione del piacere e del desiderio femminile. Il disturbo scomparve dal DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) solo nel 1980, ciononostante l’isterismo è un’etichetta dura a morire. L’isteria caricaturizza il femminile, è sinonimo di una natura emotiva, nevrotica, suggestionabile, mutevole, bizzarra ed irrazionale della donna; spesso associata anche a frigidità o insoddisfazione sessuale o alla donna che si ribella, che contesta, che rivendica. Da Ippocrate a Freud anche questa categoria femminile nasce da un’esigenza maschile di sedare l’autonomia della donna, negandole libertà sessuale e forza vitale.

Gli archetipi femminili, le donne simbolo della letteratura classica non hanno di certo contribuito alla costruzione, nell’immaginario collettivo, di una considerazione umana della donna, libera da pregiudizi e cliché, che tutt’oggi siamo costrette a portarci addosso.
Eva, vile tentatrice causa della mortalità del genere umano.
Circe, seduttrice ed infida lusingatrice.
Maria, colei che dà la vita senza dover passare dall’atto peccaminoso.
Medea, emotiva, spietata e disumana che pur di vendicarsi del marito traditore rinuncia all’amore materno e sacrifica brutalmente i propri figli.
Penelope, simbolo di sottomissione e cieca fedeltà.

Cenerentola, Biancaneve, Aurora, Cappuccetto rosso, anche nelle fiabe si tramanda una rappresentazione femminile, servile, dedita alla cura, poco acuta, malsanamente curiosa, alla quale non è consentito sovvertire le regole, ed in ogni caso salvata da un “deus ex machina”, un uomo senza il quale la donna è destinata a perire nella peggiore delle sorti.

La storia, la cultura, la letteratura, la religione hanno dunque tramandato di generazione in generazione una concezione della donna pericolosamente non realistica, una donna che utilizza il proprio corpo per soggiogare l’uomo, una donna emotiva e nevrotica che permette al sentimento di annullare raziocinio e capacità logiche, una donna che, in quanto procreatrice, deve occuparsi unicamente del focolare domestico e di soddisfare prole e compagno, una donna debole che deve essere protetta, una donna che deve mantenere integra la propria virtù e non accostarsi in alcun modo al vizio, perché il vizio è campo d’azione prettamente maschile.

Questa visione culturale di stampo patriarcale, ovviamente irrealistica, ha inevitabilmente connotato il femminile di una dimensione non umana, questo dato potrebbe essere una delle possibili concause dell’instaurarsi delle dinamiche psichiche di disimpegno morale che permettono all’uomo vile di esercitare il proprio potere sulla donna. Quindi il cambiamento deve avvenire a livello sistemico, a livello politico, a livello culturale e deve coinvolgere attivamente tutte le istituzioni, soprattutto quelle educative. Cambiamenti innescati nel sistema permettono una trasmissione generazionale di valori che rappresenteranno il nucleo psichico-morale di ciascun individuo. L’istituzione scolastica di ogni ordine e grado dovrebbe avviare progetti atti a sovvertire questa fallace rappresentazione della donna, dalla scuola dell’infanzia, ad esempio appiattendo le differenze tra i giochi destinati ai maschi e quelli destinati alle femmine, fino all’università. La classe dirigente dovrebbe assumersi la responsabilità del protrarsi di atti criminosi compiuti da parte degli uomini nei confronti delle donne perché donne. Solo creando delle nuove rappresentazioni della donna a livello istituzionale e culturale si potrà finalmente piantare nella mente delle nuove generazioni il seme di una nuova morale, che rispecchi la realtà e che rispetti ciascun essere umano.

APPROFONDIMENTI
Disimpegno Morale

Ma che cos’è il disimpegno morale? È un meccanismo psichico riconosciuto da Bandura, che serve all’individuo per giustificare a sé stesso il compimento di azioni biasimabili, senza provare senso di colpa e senza intaccare la propria autostima. Nel caso specifico

  1. Giustificazione morale: il fine giustifica i mezzi, l’atto riprovevole è giustificato in quanto utile a proteggere un valore. Es. “Se lo merita perché ha scalfito il mio onore”
  2. Etichettamento eufemistico: usare parole neutre o positive per descrivere il gesto violento. Es “delitto passionale”, “l’ho fatto perché la amo troppo”, messo in atto anche dai mass media e da programmi televisivi tematici.
  3. Confronto Vantaggioso: sminuire il proprio comportamento deplorevole paragonandolo ad un altro apparentemente più grave. “ le ho dato solo uno schiaffo, non l’ho mica uccisa”
  4. Dislocamento delle responsabilità: riduzione del senso di colpa quando l’azione compiuta non è un’eccezione. “Tutti gli uomini lo fanno con le proprie donne!”
  5. Distorsione delle conseguenze: evitare di pensare alle conseguenze del proprio atto aumenta la distanza dalla vittima, ed è più semplice mettere in atto comportamenti dannosi.
  6. Deumanzzazione della Vittima. Degradare la condizione della vittima, non considerarla un essere umano, questo rende più agevole il compimento dell’atto violento perché non rivolto ai danni di un proprio simile. “è solo una cagna!”
  7. Attribuzione di colpa. Attribuire la colpa dell’azione brutale alla vittima. “Se lo meritava”, “non ha pulito bene casa”, “ha indossato una gonna troppo corta”, “ha guardato un altro uomo”

Donna costola
“Dio il Signore fece cadere un profondo sonno sull’uomo, che si addormentò; prese una delle costole di lui, e richiuse la carne al posto d’essa. Dio il Signore, con la costola che aveva tolta all’uomo, formò una donna e la condusse all’uomo” (Gn_2:21,22)

Donna strega
«uccidono il bambino nel ventre della madre, così come i feti delle mandrie e dei greggi, tolgono la fertilità ai campi, mandano a male l’uva delle vigne e la frutta degli alberi; stregano gli uomini, donne, animali da tiro, mandrie, greggi ed altri animali domestici; fanno soffrire, soffocare e morire le vigne, piantagioni di frutta, prati, pascoli, biada, grano e altri cereali; inoltre perseguitano e torturano uomini e donne attraverso spaventose e terribili sofferenze e dolorose malattie interne ed esterne; e impediscono a quegli uomini di procreare, e alle donne di concepire…» Malleus Maleficorum

3 Commenti su ““Una formalità … una questione di femminilità”

  1. la letteratura non diffonde sessismo, racconta l’umano attraverso archetipi maschili e femminili. donne come circe possono esistere davvero e circe si può anche interpretare in maniera non sessista

    1. Salve Paolo, la ringraziamo per aver condiviso il suo punto di vista ed in merito ci sentiamo di confermare la nostra versione. Consideriamo tanto la letteratura quanto gli archetipi uno specchio fedele e transgenerazionale della cultura, ed in quanto tali spesso portatori di cliché sessisti. La stessa figura di Circe è solo uno degli esempi di come il femminile sia spesso fuso con un corpo considerato ammaliante strumento e merce di scambio.
      Saluti
      Lo staff di Psiconovel

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